Saskatoon… val bene una messa

18 Giugno 2015

Qui sotto potete leggere le parole della nostra ricercatrice Ivana Catturani, che ci racconta del periodo di ricerca passato a Saskatoon, Canada.

Appena sentito il nome della città di Saskatoon viene da chiedersi dove si trova. Infatti, il Canada spesso associato a Montreal, a Toronto, a Vancouver. Non di certo con Saskatoon. E invece è lì che lavora uno dei centri di ricerca più dinamici sulla cooperazione. È lì che ho passato tre mesi a fare ricerca.

IMG_9343Saskatoon è una tipica città nordamerica con un centro dove si ergono grattaceli e una zona residenziale caratterizzata da bungalow. È soprannominata la Parigi della prateria per via dei suoi numerosi ponti. Il mio periodo di visiting all’Università di Saskatchewan si iscrive nel progetto INT.RE.COOP, che si pone l’obiettivo di studiare varie esperienze di cooperazione nel mondo grazie allo scambio tra ricercatori. Il centro di ricerca in cui ho lavorato si chiama Centre for the study of cooperatives. È un centro molto dinamico in cui coesistono accademici e ricercatori impiegati in un progetto legato allo sviluppo di cooperative presso le comunità di nativi. Si focalizza su problemi di policy nel mondo cooperativo, oltre che allo sviluppo della cooperazione e alla cooperazione in campo agricolo. Interessante è la forte interconnessione che esiste tra il centro e la scuola di Johnson-Shoyama di public policy. Gli studenti della scuola sono più sensibili rispetto ai temi della cooperazione e spesso focalizzano le loro ricerche su queste tematiche.

Cosa ha comportato per me andare a lavorare a Saskatoon? Il viaggio, lo spostamento sono elementi essenziali per creare quel grado di destabilizzazione, quel cambio di prospettiva necessario per mettere in discussione il proprio punto di vista e aprirsi a nuove esperienze. Questo è stato di certo uno degli elementi che ha caratterizzato il mio viaggio.

Il primo elemento destabilizzante è stato certamente il clima. Appena arrivata mi ha accolto una temperatura di -30 gradi. La settimana successiva c’è stato un salto a +10. Le condizioni climatiche incidono non solo sulla quotidianità, soprattutto negli spostamenti, ma crea un certo grado di empatia, quasi di commiserazione per chi come me ha scelto questo luogo per lavorare. Inoltre, il tempo speso tra i muri di casa (o dell’ufficio) è di certo maggiore e si hanno maggiori possibilità di discussioni anche a livello informale su temi più o meno legati alla ricerca. Molte delle idee su cui poi ho lavorato o che hanno messo in discussione il mio approccio originario sono nate attorno a bollenti tazze di caffè o pranzando insieme nel soggiorno del centro.

IMG_8608Il secondo elemento è l’approccio “think big”. E questo lo si applica a qualsiasi cosa, dalla confezione del ketchup alle auto, dagli schermi del televisori ai piatti nei ristoranti. Di certo la vastità del territorio canadese, in particolare della prateria, alimenta questa visione del mondo. Girando su se stessi è possibile vedere un acquazzone e allo stesso tempo il sole splendere. Questo spinge non solo ad essere ambiziosi e competitivi, ma anche aperti e pronti a reagire a scenari mutevoli. Se il mio progetto di ricerca inizialmente si poneva degli obiettivi tutto sommato prevedibili, il confronto con i colleghi di Saskatoon mi ha incentivato ad essere più intraprendente, a cercare collaborazioni su più fronti (non solo accademici ma anche practicioners), a spaziare in campi di ricerca meno noti.

Il terzo fattore è l’essere estremo, la scelta tra bianco o nero. Anche questa dimensione riguarda molti aspetti della vita: da un lato il forte senso di appartenenza alla nazione, alla religione (qualunque sia), alla regina. Dall’altro l’estrema marginalizzazione dei gruppi degli indiani d’America, di coloro che non sono di successo o che non sono parte di un qualsiasi club. Anche nell’ambito della ricerca, si avverte questa pressione alla polarizzazione: o una ricerca è buona o semplicemente non lo è. E questo comporta una scelta in termini di performance e di distribuzione dei fondi. La mia posizione privilegiata di ricercatore finanziato dall’esterno non mi ha fatto avvertire questa pressione, ma l’importanza data all’output, al seminario finale di certo mi ha spinto a focalizzarmi molto più di quanto preventivato sulla preparazione del contenuto da presentare.

IMG_8625Porto a casa da questa esperienza moltissimo in termini umani e professionali. Ho conosciuto moltissime persone non solo competenti ma anche disponibili ed estremamente gentili. Se Saskatoon all’inizio mi lasciava dubbiosa, adesso che sono tornata mi spinge a tornarci. Non so se sia davvero la Parigi della prateria, ma di certo “val bene una messa”.

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