Quando la solidarietà è contagiosa

14 Aprile 2016

di Giulia Galera

In questo post Giulia Galera racconta come è nata la ricerca e l’approfondimento “Sfida migratoria e imprese sociali tra ambiguità e innovazione”

Sebbene il tema dei migranti mi appassioni da sempre, ho cominciato ad approcciarlo da un punto di vista scientifico solo recentemente. E’ stato un processo di avvicinamento al tema graduale e certamente non tempestivo, inizialmente sollecitato dagli incontri fortuiti con decine di giovani nord africani e di famiglie siriane in transito a Verona Porta Nuova. Migranti che ho incrociato nel corso dell’estate scorsa mentre tentavano invano di salire sui treni OBB diretti a Monaco di Baviera: tutti, quasi certamente, scampati ai controlli italiani -fino a poco tempo fa volutamente blandi- e bramosi di raggiungere altre mete, dove la maggior parte di loro già possiede una fitta rete di relazioni. Sono stati in particolare due gli incontri che mi hanno costretta a riflettere: il primo con un giovane richiedente protezione internazionale eritreo e il secondo con un titolare di protezione umanitaria pachistano. Il primo, iniziato con la narrazione impressionante della sua traversata del Mediterraneo, è finito con il ritrovamento dei miei cellulari, abbandonati dalla sottoscritta sbadatamente sul treno, da parte del giovane eritreo; il secondo si è concluso con una breve esperienza di micro-accoglienza del ragazzo pachistano, che mi ha dato l’opportunità di ascoltare da vicino il racconto di un viaggio interminabile, durato più di 4 mesi.

772_1289010767791098_7083543651070781313_nIl desiderio di non rimanere totalmente inerte di fronte al dramma che stanno vivendo decine di milioni di persone nel mondo mi ha indotto a partecipare ad alcuni incontri locali sul tema. Sono rimasta profondamente turbata da quanto l’ostilità nei confronti dei migranti possa essere contagiosa, in particolare in comunità piccole e isolate dove, viceversa, l’arrivo di nuove persone potrebbe rappresentare un elemento di grande ricchezza e rinascita, come dimostrano alcuni casi, ad esempio quello di Riace, diventati ormai famosi.

Il muro di gomma contro cui mi sono scontrata mi ha spinto ad approfondire il tema: ho iniziato a documentarmi e a partecipare ad alcuni seminari. Tra questi il workshop “Migranti in Europa” promosso da Avanzi l’8 novembre del 2015, un workshop molto interessante al quale hanno partecipato i protagonisti di numerose iniziative nate dal basso per offrire solidarietà a richiedenti protezione internazionale e profughi, come ad esempio: Refugees Welcome Italia, il Baobab di Roma, il presidio Permanente No Borders Ventimiglia e la Comunità di Sant’Egidio. La carica di energia che muove i volontari attivatisi a favore dei migranti e la forte valenza politica ed etica delle loro iniziative mi hanno profondamente colpita.

Gli incontri, letture e scambi di opinioni con professionisti del settore mi hanno inoltre aperto gli occhi sulle innumerevoli difficoltà in cui sono costretti ad operare coloro che si occupano di accoglienza e inclusione sociale. Tra tutte spiccano la paradossale negazione del diritto di migrare da parte di un numero crescente di paesi europei che non solo legittima il ripristino di confini e barriere, ma autorizza implicitamente anche la chiusura e la profonda ostilità nei confronti dei nuovi arrivati, manifestata a gran voce da alcune comunità chiamate ad accogliere. E poi, ancora, il perenne stato emergenziale che ispira le politiche in questo ambito, le falle del sistema di accoglienza istituzionale e, non da ultimo, l’opportunismo con cui alcuni soggetti improvvisatisi nel business dell’accoglienza – tra cui figurano molte imprese sociali – cavalcano l’onda della crisi migratoria per aumentare il proprio fatturato con l’avvallo delle pubbliche amministrazioni, offrendo servizi di scarsa qualità e senza dotarsi di competenze specifiche.

Per finire, nonostante il panorama dell’accoglienza sia pieno di luci e di ombre, ho deciso di soffermarmi in particolare su tre iniziative virtuose, che dimostrano come la sfida migratoria possa essere trasformata in risorsa e opportunità di sviluppo per la comunità. Questo perché ritengo che anche la solidarietà sia contagiosa e le buone pratiche possano essere replicate.

 

Cooperazione Sociale Cadore

Cooperazione Sociale K-pax

Cooperazione Sociale 11eleven

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