Quali strumenti finanziari per l’Economia sociale e solidale?

22 Luglio 2019
Gianluca Salvatori durante il suo intervento a Quito

Il nostro segretario generale Gianluca Salvatori ha appena partecipato al Seminario internazionale “Dimensioni dell’economia sociale e solidale” organizzato dal Comitato internazionale per lo sviluppo dei popoli (CISP) con il governo dell’Ecuador a Quito il 18 e 19 luglio. Ecco una sintesi del suo intervento

Una veduta di Quito (Ecuador)

L’abc della finanza per l’ESS

Quando si parla di strumenti finanziari per l’economia sociale e solidale si devono tenere in conto quattro aspetti:

  • Stiamo vivendo un momento di trasformazione, nel quale le imprese dell’ESS – a lungo contraddistinte da una prevalenza dell’intensità di lavoro -, oggi sono invece connotate da una crescente intensità di capitale. Di fronte ai cambiamenti demografici, tecnologici e di rapporti con l’ente pubblico, l’ESS vede il proprio ruolo acquistare importanza e centralità. Come conseguenza, la crescita delle domande alle quali è chiamata a rispondere giustifica la necessità di una maggiore capitalizzazione.
  • A fronte di questa necessità di accedere al capitale, va sottolineato che, di per sé, le imprese dell’ESS non soffrono di alcun handicap intrinseco. La variabile chiave è invece la fase del ciclo di vita: mano a mano che l’impresa sociale o la cooperativa cresce, la capitalizzazione è più semplice. Le organizzazioni dell’ESS non sono né più rischiose né più limitate, rispetto alle altre imprese, nell’accesso al capitale. È un mito da sfatare.
  • Dall’altra va riconosciuto che l’offerta della finanza è cambiata. Anche solo rispetto a cinque anni fa, questa industria è più sensibile ai temi sociali e alla sostenibilità, fosse anche per un processo superficiale di green washing. La domanda e l’offerta quindi si incrociano con più facilità, almeno in teoria.
  • Perché in realtà non è detto che tutti i nuovi strumenti finanziari ideati per il sociale (social bond, impact investing, ecc.) siano i più adatti per l’ESS. Le imprese sociali sembrano infatti prediligere gli strumenti tradizionali, perché spesso quelli innovativi risultano più squilibrati a favore dell’investitore e del capitale.

In sostanza, quindi, è vero che le imprese dell’Economia sociale e solidale oggi hanno più bisogno di capitali, così come è vero che questi capitali dal lato dell’offerta risultano più disponibili perché la finanza è più attenta alla sostenibilità. Dall’altra però non tutti gli strumenti sono adatti, soprattutto quando vogliono a tutti i costi coniugare l’utile sociale e quello privato senza rinunciare agli alti rendimenti cui la finanza è stata a lungo abituata.

Da ciò derivano le seguenti raccomandazioni per l’ente pubblico:

  • è importante utilizzare (e combinare tra loro) il maggior numero di strumenti possibili, partendo da un’accurata conoscenza delle caratteristiche di ciascuno di essi
  • gli strumenti più importanti sono quelli che favoriscono la capitalizzazione interna. Le politiche pubbliche più efficaci in questa direzione sono quelle che limitano la distribuzione degli utili e che offrono un vantaggio fiscale a chi reinveste nell’impresa sociale e cooperativa, così come anche gli strumenti che favoriscono i prestiti da soci
  • vanno favorite le policy che sostengono gli schemi di garanzia alimentati sia da fondi privati che da fondi pubblici (come i fondi di garanzia italiani o il fondo EASI europeo), visto che l’accesso al credito è limitato proprio dall’assenza di collaterali.
  • Una politica di sviluppo dell’ESS non può prescindere dal consolidamento degli ecosistemi. Questo perché le imprese cooperative e sociali sono per loro natura più propense a lavorare in rete, facendo prevalere il principio collaborativo sul quello competitivo.
La platea durante l’intervento di Gianluca Salvatori
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