Libro Bianco sulle cooperative di comunità. Un’anteprima.

1 Giugno 2016

Cosa hanno in comune una piccola cooperativa multiservizi che opera in una comunità locale, un collettivo di performing art attivo all’interno di un immobile urbano abbandonato, una rete d’imprese che valorizza una filiera produttiva, un’azienda energetica che struttura smart grid, uno scambio di servizi tra persone collegate da una piattaforma online? Appartengono tutti ad un nuovo modello di cooperazione di comunità che nasce dal basso per garantire servizi e beni in grado di soddisfare diversi bisogni della comunità rilanciando spesso lo sviluppo socio-economico dei territori.

Queste cooperative suscitano interesse, a dispetto della loro relativa importanza numerica, perché sono considerate l’anticipazione di un nuovo paradigma di sviluppo economico e sociale. Sono la dimostrazione che la socialità può entrare nell’ambito economico incentivando l’innovazione e lo sviluppo in contesti diversi, urbani tanto quanto rurali o periferici, spesso in modo più efficace rispetto sia agli interventi pubblici sia alle eventuali risposte del mercato vincolate dalle esigenze dettate dal profitto. Le cooperative di comunità si occupano così della produzione di servizi sociali, sanitari, educativi, culturali, ecologici, ambientali ma anche della valorizzazione di patrimoni pubblici inutilizzati, della gestione di beni culturali e delle altre attività rilevanti per l’attivazione di processi di sviluppo locale e per il miglioramento delle condizioni di vita dei residenti. Un’altra loro caratteristica particolarmente importante è che hanno un significativo potenziale di replicabilità.

A questo fenomeno emergente, ma significativo, Euricse ha dedicato un Libro bianco scritto a più mani (Carlo Borzaga, Gianluca Salvatori, Jacopo Sforzi e Flaviano Zandonai, con il contributo di Riccardo Bodini e Pierangelo Mori). In occasione del Festival dell’economia (venerdì 3 giugno alle ore 18.30 presso il Palazzo Calepini, Sala Fondazione Caritro) Euricse, in collaborazione con la Federazione Trentina della Cooperazione, presenterà ufficialmente questa prima importante riflessione sul fenomeno che serve a definire un ambito entro il quale la riflessione andrà resa più penetrante e puntuale.

Qual è l’importanza e il contributo del meccanismo cooperativo in questo contesto sia come modello d’impresa sia come principio di regolazione? Come si riconosce una cooperativa di comunità? Quali sono gli aspetti specifici e gli strumenti che le contraddistinguono rispetto alle altre cooperative? Quali sono i dispositivi e le risorse utili per promuovere e sostenere lo sviluppo di questi soggetti? Risposte a queste a tante altre domande si trovano nel volume che verrà distribuito ai partecipanti di questo evento in occasione del Festival dell’economia.

Di seguito riportiamo in anteprima alcuni passaggi principali.

Cosa è una cooperativa di comunità?3.1 - B definizione

La cooperativa di comunità può essere definita come un’impresa che possiede i seguenti requisiti:

  • É un’impresa: in grado di produrre beni o servizi in modo stabile e continuativo e di essere sostenibile in termini economici e sociali.
  • É cooperativa: posseduta e gestita, del tutto o in larga prevalenza, da persone (i soci) sulla base di principi inclusivi e democratici.
  • É radicata in una comunità: ha come obiettivo ultimo il miglioramento delle condizioni di vita di una comunità locale, intesa non solo come i residenti in un dato territorio, ma anche come un gruppo di persone che condividono, secondo varie modalità, valori e culture coagulate intorno a luoghi, interessi, risorse e progetti.
  • É aperta e democratica: in quanto impresa per la comunità essa deve garantire a tutti i membri della comunità (soci e non) un accesso non discriminatorio ai beni e servizi forniti e gestiti.

Quali attività svolgono e quali tipologie assumono le cooperative di comunità?3.2.2 - attivita¦Ç

  • Produzione/gestione di beni/servizi di interesse generale per la comunità. Queste attività possono essere realizzate sia da cooperative di cittadini che si auto-organizzano per la gestione di specifici settori come energie alternative e rinnovabili, ambiente, acqua, mobilità, trasporti, rifiuti, posta, telecomunicazioni sia da gruppi professionali, come le cooperative sociali, a base sociale aperta e multistakeholder, anche in settori diversi da quelli previsti dalla legge sulle cooperative sociali.
  • Gestione e valorizzazione di beni e infrastrutture pubbliche o private: le imprese di comunità sono spesso impegnate in processi di rigenerazione e riqualificazione degli immobili e degli spazi abbandonati o sottoutilizzati (es. housing sociale, esercizi pubblici, luoghi di aggregazione sociale), o in attività economiche a carattere ricreativo, educativo, culturale, turistico (es. cinema, musei, progettazione/gestione di rassegne ed eventi artistici, teatrali e musicali, strutture ricettive a fini turistici).
  • Gestione in forma cooperativa di attività e interventi per la rivitalizzazione e lo sviluppo economico del territorio (es. con riguardo ad attività agricole, industriali e commerciali).

Queste attività possono riguardare: i processi di trasformazione delle città e di rivitalizzazione di aree urbane degradate; la gestione della pianificazione e destinazione d’uso del suolo pubblico (edilizia, industria, infrastrutture); il rilancio di attività imprenditoriali locali; l’agricoltura (biologica o biodinamica, urbana o periurbana-filiera corta), l’allevamento, la produzione e la commercializzazione di prodotti connessi alla tutela e gestione del paesaggio (es. il taglio del bosco e la lavorazione del legname) e di prodotti dell’artigianato locale, e tutti i servizi di ricerca e sviluppo legati a tali attività. In questo caso, la cooperativa di comunità opera come un “agente di sviluppo locale” in grado di elaborare e attuare una determinata strategia di sviluppo complessivo del territorio, rispecchiando le esigenze dei diversi stakeholder locali (pubblici e privati) e incentivando la democrazia partecipativa con l’obiettivo di operare per il bene della collettività.

Come promuovere e sostenere lo sviluppo delle cooperative di comunità?

Stimolando l’avvio di nuove imprese comunitarie e la trasformazione di quelle esistenti attraverso:

  • la transizione in senso imprenditoriale di coalizioni comunitarie orientate alla cura di risorse “comuni” attraverso azioni di accompagnamento allo startup di cooperative di comunità;
  • la riconversione dei modelli produttivi di imprese esistenti allo scopo di riposizionarle verso l’offerta di beni pubblici e, più in generale, verso la valorizzazione di asset locali;
  • il rafforzamento di attività economiche a elevato impatto locale, agendo sia su “vocazioni” locali, sia su modelli di produzione e governance che assegnano rilevanza alla dimensione comunitaria.

Ripensando le politiche che abilitano i fattori generativi dell’imprenditoria comunitaria:

  • incentivare la partecipazione attiva degli abitanti di un dato territorio sia all’individuazione delle problematiche legate alla propria comunità che alla definizione delle strategie condivise da perseguire, nella convinzione che si tratta di una condizione irrinunciabile per garantire la coesione sociale e aumentare le probabilità di successo delle iniziative e i livelli di benessere dei cittadini.
  • assegnare i progetti di sviluppo (creati e realizzati dalla comunità) alla gestione diretta delle stesse organizzazioni della comunità perché tenendo insieme i vari attori locali si rafforza la coesione sociale e si condividono aspettative comuni per il futuro.
  • riassegnare ai finanziamenti pubblici (nazionali o europei) il ruolo di strumenti per innescare processi in grado di stimolare i soggetti locali a creare reti di relazioni sociali, a costruire fiducia e capitale sociale.

É necessaria una normativa nazionale?

Un’eventuale normativa nazionale sull’imprenditoria comunitaria in grado di rispondere sia a obiettivi regolativi sia a finalità di ordine promozionale dovrebbe costituirsi intorno ai seguenti punti chiave.

1. Indicare come obiettivo dell’impresa l’interesse generale della comunità e lo sviluppo economico e sociale del territorio nel quale essa opera;

2. Il territorio di riferimento dovrebbe essere chiaramente definito in termini geografici dalla stessa cooperativa di comunità.

3. L’ambito di intervento dovrebbe essere sia la fornitura di beni di comunità (beni o servizi di interesse generale per la comunità) sia la realizzazione di tutte le attività ritenute funzionali allo sviluppo sociale ed economico del territorio di riferimento, senza limitazioni, a condizione che l’impresa sia in grado di dimostrare che attraverso di esse realizza l’interesse generale della comunità.

4. La cooperativa di comunità dovrebbe essere controllata dai membri della comunità locale tramite forme di governance multi-stakeholder aperte e partecipate, in modo da garantire la partecipazione attiva e l’inclusione di differenti tipologie di soggetti portatori di diversi interessi.

5. La legge dovrebbe prevedere limiti alla distribuzione degli utili correnti e il vincolo totale alla distribuzione del patrimonio, per garantirne la salvaguardia della finalità sociale e l’appartenenza alla comunità di riferimento;

6. La legge dovrebbe garantire a tutti i membri della comunità un accesso non discriminatorio ai beni e servizi forniti/gestiti.

 

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L’innovazione aperta delle cooperative di comunità di Flaviano Zandonai

Perché un Libro bianco sulle cooperative di comunità? di Jacopo Sforzi

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