“Imprese di comunità, con coraggio si può costruire un’alternativa al capitalismo”

20 Marzo 2019

De Magistris alla presentazione del libro di Euricse. Borzaga: il potenziale maggiore? Nelle città

Dalle pagine del libro “Imprese di comunità” (il Mulino) alle sue applicazioni concrete. Dalle traiettorie tracciate nel libro curato da Jacopo Sforzi e Pier Angelo Mori alle opportunità future di un modello, usando le parole di Luigi de Magistris, che può concorrere “alla costruzione di un’alternativa al capitalismo neoliberista”. È a partire dall’auspicio del sindaco di Napoli che, alla Biblioteca Nazionale del capoluogo campano, s’è discusso di partecipazione, di rigenerazione urbana, di nuove relazioni fra pubblico e privato, di costruzione – difficoltosa ma necessaria – di una nuova parabola di sviluppo locale. “Un’alternativa coraggiosa”, ha rimarcato de Magistris. “E che non ha a che fare solo con le periferie o con le aree interne”, ha aggiunto Carlo Borzaga. L’occasione, ha spiegato il presidente di Euricse, è anche (e soprattutto) per le città. “Ciò che conta – ha aggiunto – è la condivisione di un progetto”.


“Questo è un argomento che mi interessa molto – ha esordito Luigi de Magistris, sindaco di Napoli – il capitalismo neoliberista è in una fase di profonda crisi e per questo non va sottovalutato perché la reazione, nel mezzo della sua difficoltà, può essere violenta”. Una sorta di inasprimento delle sue manifestazioni, seguendo il ritmo del ragionamento del primo cittadino. “Conflitti, una caccia al nemico continua, la volontà di distogliere l’attenzione dai propri fallimenti: sono preoccupato – ha aggiunto – A colpirmi è il modo in cui, a livello internazionale, i governi stanno gestendo questo momento che conduce via-via a una repressione del dissenso”.
Un incipit a tratti aspro, quello di de Magistris. “Ma che ha un filo logico con il tema di cui disteremo oggi – ha precisato – perché le imprese di comunità disegnano un altro modello economico: non è infatti sufficiente un’alternativa sociale, culturale, etica”. L’alternativa, detta altrimenti, dev’essere profonda, totale. “Dire imprese di comunità significa mettere insieme pubblico e privato, quindi soggetti diversi ma che vogliono trovare, insieme, uno spazio di coesistenza e condivisione degli obiettivi”.
Un processo, ha assicurato il sindaco, che è certamente complesso: implica impegno, dedizione, condivisione. Una maieutica continua e collettiva. “La democrazia partecipativa è faticosa: ascoltare e decidere insieme è un lavoro complesso, certosino: a emergere è un progetto che non è calato dall’alto; è difficile ma funziona”.
Ed è qui, in simile processo partecipato, che nelle parole del sindaco di Napoli s’intravede la cifra dell’innovazione istituzionale di cui si parla nel volume “Imprese di comunità”, curato da Jacopo Sforzi e Pier Angelo Mori. “La vera innovazione risiede nella capacità di coinvolgere le persone – ha spiegato ancora – L’impresa di comunità, in tale disegno complessivo, promuove uno sviluppo diverso, che non è iper-consumismo, che non è individualismo: è rigenerazione, ponendo le persone al centro”. Un esempio concreto Napoli l’ha sperimentato con la delibera della giunta comunale dedicata alla lotta ai cambiamenti climatici. Un pacchetto di provvedimenti “in acronimo OCB, ovvero ossigeno bene comune – ha annunciato de Magistris – E ancora una volta l’angolatura è diversa: affrontare i cambiamenti climatici dal basso”.
Ciò che conta, a suo dire, resta la volontà di costruire un nuovo modello, “e avere quindi il coraggio di costruire un’alternativa orientata non al profitto fine a sé stesso, ma al profitto sociale”.
Ed è proprio nelle grandi città, al di là del pensiero comune, che pure nell’analisi di Carlo Borzaga risiede il potenziale maggiore delle imprese di comunità. “Un modello – ha spiegato alla Biblioteca Nazionale di Napoli il presidente di Euricse – che s’è diffuso marcatamente negli ultimi anni”. Per due ragioni: “Innanzitutto a fronte di una domanda in crescita, ossia molti beni abbandonati che non sono profittevoli e che il pubblico non sa gestire o non ha le risorse per farlo; poi in seguito a una rinata volontà dei cittadini di esserci e di incidere nella vita della comunità”.
Così come dimostrato dai venti casi analizzati nel volume “Imprese di comunità”, sono diversi gli ambiti in cui tale partecipazione si manifesta. “Ciò che conta davvero, e contribuisce all’efficacia del modello, è piuttosto la partecipazione; quindi la volontà di condividere un progetto”, ha aggiunto Borzaga. Il capitale e l’impegno finanziario sono secondari. “Così come non è necessaria una norma ad hoc – ha detto il presidente di Euricse – Il rischio è infatti creare vincoli eccessivi che soffocano le potenzialità di questo modello”.
Un approccio nuovo, condiviso e che non è solo nelle aree interne che può rivelarsi maggiormente incisivo. “Al contrario – ha concluso Borzaga – è nelle aree urbane che ci sono le prospettive più interessanti”.

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