Il credito cooperativo per lo sviluppo sostenibile

6 Luglio 2016

Anche quest’anno, per la settima volta consecutiva, gli studiosi da tutte le parti del mondo si sono riuniti a Trento in occasione del workshop internazionale di Euricse sul credito cooperativo e lo sviluppo sostenibile. Il professor Silvio Goglio, docente dell’Università di Trento, ideatore dell’appuntamento nonché responsabile scientifico fa il riassunto dei principali temi trattati e nuovi spunti di riflessione emersi durante il confronto durato due giorni.

In generale, sebbene si registri un crescente consenso sul fatto che in molti casi le banche cooperative, per lo meno in Europa, abbiano svolto un ruolo più importante rispetto alle loro rivali nel finanziare le economie locali, è evidente il bisogno di ulteriore ricerca scientifica che entri nel dettaglio del loro contributo e getti luce sulle loro strategie e sul contesto istituzionale che le renda più efficaci. In particolare diviene urgente analizzare in dettaglio quando e come le cooperative bancarie riescano a raggiungere il duplice obiettivo di rilanciare il loro ruolo cruciale nella rivitalizzazione delle economie locali e di adeguarsi all’ambiente ostile descritto da Basilea III ed alla graduale entrata in vigore della relativa regolamentazione. Tutto ciò ha profonde implicazioni sui criteri di valutazione, interna ed esterna, di una banca cooperativa, che dovrebbe tener pienamente conto non solo della capacità di fare profitti e surplus, ma anche degli effetti territoriali della sua attività, conciliando efficienza aziendale ed efficienza territoriale.

L’incontro di quest’anno si è quindi proposto innanzitutto la continuazione dell’approfondimento del comportamento e delle performance delle banche cooperative durante la crisi, nonché in seguito ai cambiamenti strutturali nel mondo finanziario mondiale: ciò alla luce del fatto che il contesto economico internazionale continua ad essere caratterizzato da un trend di sviluppo debole ed instabile e che il finanziamento delle economie locali e la difesa e/o ridefinizione delle loro opportunità socioeconomiche divengono strumenti fondamentali per sostenere una via di uscita dalla recessione. In questo contesto il modello finanziario cooperativo continua a colmare un vuoto tra i bisogni del territorio e delle categorie più deboli da un lato ed i servizi bancari standard dall’altro. In secondo luogo l’incontro ha voluto effettuare una valutazione comparativa nei diversi paesi europei dell’organizzazione di sistema delle banche cooperative, della loro governance e del loro stato di salute, anche alla luce dei recenti interventi di riforma nazionali e comunitari.

Comportamenti, performance, rischio e microcredito

I lavori sono stati organizzati in cinque sessioni. Nella prima giornata una sessione su Cooperative Banks Behavior and Performances ha visto gli interventi di Ivana Catturani e Erika Dalpiaz dell’Università di Trento (Different banks, different behaviours?) che hanno mostrato come più della classificazione istituzionale è la proprietà ed il modello operative de facto che caratterizzano il comportamento di rischio delle banche. Nella stessa sessione Lamyae el Hassouni dell’Università di Fez (The contribution and performance of cooperative banks in the real sectors) ha preso in considerazione la performance delle banche cooperative, tenendo conto non solo degli aspetti strettamente aziendali, ma anche delle ricadute esterne. In una seconda sessione su Risk Exposure and Financial Crisis, Davide Mare della University of Edinburgh e Dieter Gramlich della Cooperative State University Heidenheim (Risk exposures of European cooperative banks – A comparative analysis), confrontando l’esposizione al rischio delle banche cooperative di Austria, Germania ed Italia, hanno evidenziato come interagiscano le diverse forme di rischio, anche se questa interazione varia nel tempo e da paese a paese; Vincenzo Provenzano e Massimo Arnone, dell’Università di Palermo, di Microcredit and probability of default for small business in Italy, hanno invece verificato il rapporto tra programmi di microcredito per le imprese ed il rischio di default, non rilevando differenze regionali per il caso italiano.

Gli interventi delle due sessioni comparative sui sistemi bancari cooperativi europei, oltre ad illustrare le diverse specificità nazionali, dovevano rispondere, sulla base delle diverse esperienze, ad una serie di questioni: esiste in Europa una tendenza verso la demutualizzazione, e quanto è essa il risultato dell’ambiente regolativo esterno o di forze interne? possono le forme ibride essere considerate un primo passo verso di questa, o sono invece uno strumento adeguato per difendere le banche cooperative nello sviluppo dell’Unione Bancaria? Quanto le banche cooperative contribuiscono alla stabilizzazione del settore finanziario? Contribuiscono significativamente allo sviluppo locale, o non sono piuttosto l’espressione del potere locale? Questi interrogativi sono stati affrontati da Eric Meyer della University of Munster per la Germania e l’Austria; da Mitja Stefancic di Euricse e Ignace Bikoula di Federcasse per l’Italia; da Simon Cornée dell’University of Rennes per la Francia; da Bernabé Sànchez-Minguet, del Bànco de Credito Cooperativo, per la Spagna, da Yiorgos Alexopoulos, della Agricultural University of Athens, per la Grecia; da Agnieszka Alińska e Anna Szelągowska, della Warsaw School of Economics, per la Polonia. Ha concluso Elisa Bevilacqua, dell’ European Association of Cooperative Banks, con una panoramica sulle prospettive europee.

Le fusioni aumentano l’efficienza?

I lavori della seconda giornata hanno visto una sessione su Governance and Competition: Specificities of Cooperative Banks. Paolo Coccorese e Fabiola Spiniello dell’Università di Salerno (The efficiency of mergers among cooperative credit banks: evidence from Italy) hanno dimostrato come le fusioni possono aumentare l’efficienza di costo di una BCC solo dopo la terza fusione, quando si sia raggiunta una dimensione sufficientemente grande; Giovanni Ferri dell’Università Lumsa, Panu Kalmi della Vasa University e di Federica Sist dell’Università Lumsa (Is arm’s length control more problematic for cooperative banking groups? Evidence from foreign bank ownership in Central-Eastern Europe) hanno sostenuto che il controllo a condizioni di mercato può risultare più difficile per i gruppi bancari cooperativi che non per le altre banche, analogamente a quanto suggerisce la letteratura sulla ibridizzazione di detti gruppi; Giovanni Ferri e Maria Gaia Soana dell’Università di Parma (Do CRD-IV manager compensation incentives work for small cooperative banks?) hanno argomentato che i cambiamenti negli schemi di remunerazione introdotti dalla Direttiva europea CRD-IV non hanno indotto minori assunzioni di rischio nelle piccole banche cooperative; infine Paolo Coccorese e Giovanni Ferri (Is competition among cooperative banks a negative sum game?) hanno mostrato come la competizione tra banche cooperative andrebbe limitata, in quanto si rivela un gioco a soma negativa.

Al lavoro delle sessioni vanno aggiunti due keynote speech: Detlev Hummel dell’Università di Potsdam (European Banking Union: the Supervision of Less Significant Institution (LSI) following Single Supervisory Mechanism (SSM)) ha considerato i limiti del Meccanismo di Vigilanza Unico adottato dalla Banca Centrale Europea nei confronti delle banche locali di piccole dimensioni, mentre Giorgio Caselli della Cranfield University (Monetary policy, bank risk taking and financial stability: The role of ‘biodiversity’ in European banking) ha mostrato come omettere la struttura proprietaria può condurre a conclusioni incomplete sulle implicazioni di politica monetaria per l’assunzione di rischio delle banche.

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