Cooperazione, in Italia produce 28,6 miliardi di euro

25 Gennaio 2019

Presentato a Roma il primo rapporto Istat-Euricse sul sistema cooperativo
Borzaga (Euricse): settore economico spesso sottovalutato

Venturelli: (Confcooperative): fenomeno diffuso in tutto il Paese e resiliente nella crisi

Oltre 59.000 cooperative e un valore aggiunto prodotto in Italia che arriva a 28,6 miliardi, per toccare quota 31,3 miliardi considerando le controllate. Poi una reazione alla crisi ben diversa rispetto a Spa e Srl: i dipendenti del sistema cooperativo, dal 2007 al 2015 sono aumentati del 17,7%, mentre nelle altre forme d’impresa calavano del 6,3%. Sono solo alcuni dei dati emersi dal rapporto Istat-Euricse dedicato alle dimensioni del settore cooperativo italiano, ovvero il primo studio di questo genere prodotto dall’Istituto Nazionale di Statistica (Istat) e presentato a Roma questa mattina, venerdì 25 gennaio. Un’indagine per ripercorrere (e pesare) i dati strutturali del sistema cooperativo, che si inserisce nell’ambito della convenzione di ricerca “Dimensioni, evoluzione e caratteristiche dell’economia sociale” stipulata tra Istat ed Euricse. “Ora abbiamo qualche elemento conoscitivo in più per smettere di sottovalutare un fenomeno tanto consistente per l’economia del nostro Paese”, ha spiegato Carlo Borzaga, presidente di Euricse, nel corso della tavola rotonda in agenda nell’aula magna di Istat. “La cooperazione? Un fenomeno diffuso in tutto il Paese, che ha mostrato resilienza negli anni più difficili della congiuntura”, ha aggiunto Marco Venturelli, segretario generale di Confcooperative.

 

La struttura nel settore cooperativo italiano. Nel 2015, base statistica da cui sono stati elaborati i dati, le 59.027 cooperative risultate attive – pari all’1,3% delle imprese attive sul territorio nazionale – hanno occupato, in termini di posizioni lavorative in media annua, poco più di 1,1 milioni addetti (dipendenti e indipendenti), 33 mila lavoratori esterni e 10 mila lavoratori in somministrazione, pari al 7,1% dell’occupazione totale delle imprese. Queste cooperative, al netto delle cooperative del settore finanziario e assicurativo, hanno generato un valore aggiunto di 28,6 miliardi di euro.

I confini allargati della cooperazione. Includendo le imprese controllate, le dimensioni economiche e occupazionali della cooperazione crescono significativamente. Si tocca infatti quota 31,3 miliardi di euro di valore aggiunto, 1,2 milioni di addetti e poco meno di 50 mila lavoratori esterni o somministrati. Rispetto ai dati delle sole cooperative, la consistenza è maggiore del 9,3% in termini di valore aggiunto, del 6% circa rispetto ad addetti ed esterni, e di oltre il 24% in considerazione dei lavoratori somministrati. Nei suoi confini allargati la cooperazione arriva a rappresentare quindi il 4,4% del valore aggiunto e il 7,4% degli addetti del totale imprese attive nel 2015.

Tra le cooperative attive spiccano le cooperative di lavoro  (29.414; il 49,8% del totale), sociali (14.263; il 24,2%), d’utenza o di consumo (3.844, il 6,5%) e quelle di produttori del settore primario (1.791; il 3%). La cooperazione di lavoro e quella sociale, oltre a registrare il maggior numero di imprese, sono anche le due tipologie cooperative che hanno generato il maggior valore aggiunto: 12,9 e 8,1 miliardi di euro pari, complessivamente, al 73,4% del valore aggiunto dell’intera cooperazione nel 2015.

La cooperazione negli anni della crisi. Dal 2008 la crisi economica ha prodotto una diminuzione dell’occupazione e del potere d’acquisto delle famiglie e una generale stagnazione dei consumi in termini reali. Alcune analisi hanno già evidenziato che la reazione delle cooperative alla crisi è stata diversa rispetto a quella delle altre imprese, laddove le prime hanno mantenuto inalterati, se non addirittura aumentato, i livelli produttivi e occupazionali al fine di garantire il soddisfacimento dei bisogni dei propri soci, anche a scapito del risultato d’esercizio dell’organizzazione. Questi risultati trovano conferma anche dall’analisi dei dati del Registro statistico delle imprese. Nel 2007, anno antecedente la crisi, le cooperative erano 50.691. Nel 2011, anno in cui alla crisi del mercato finanziario si è aggiunto l’impatto della crisi dei debiti sovrani, sono diventate 56.946 (+12,3% rispetto al 2007) per toccare quota 59.027 nel 2015 (+3,7% rispetto al 2011, +16,4% rispetto al 2007). Tale crescita, oltre ad essere anticiclica, è ancora più significativa se si tiene conto che, nello stesso periodo, il numero di imprese in Italia è diminuito del 2,4%. Inoltre, l’incremento registrato per i dipendenti delle cooperative è stato del 17,7%, superiore anche all’aumento delle cooperative, contro una flessione dell’occupazione pari al 6,3% registrato nelle altre imprese.

“Cooperative, troppo spesso sottovalutate”. Numeri, questi, presentati da Massimo Lori (Direzione centrale per le statistiche economiche) e Chiara Carini (Euricse) che sono stati al centro della tavola rotonda conclusiva. “Oggi Istat certifica una serie di informazioni aggiuntive – ha esordito Carlo Borzaga, presidente di Euricse e docente di politica economica all’università di Trento – La speranza è che vengano prodotte le conoscenze necessarie a sovevrtire una tendenza tristemente diffusa nel nostro Paese: ovvero sottovalutare un fenomeno, quello della cooperazione, e contestualmente sopravvalutarne i casi negativi”. Citando l’apporto dato all’occupazione italiana negli anni della crisi, Borzaga ha quindi ricordato “il risparmio, in termini di ammortizzatori sociali, che il sistema cooperativo ha generato per lo Stato”.

 “Sacrificati gli utili per preservare il lavoro”. Un concetto rinforzato dalle parole di Marco Venturelli, segretario generale di Confcooperative, che per parlare della reazione anticiclica del movimento cooperativo ha scelto il termine “resilienza”. “Patrimonio e utili sono stati sacrificati per tutelare l’occupazione”. Quanto alla presenza sul territorio italiano, Ventuelli ha argomentato la capillarità di tali organizzazioni: “La cooperazione non è un fenomeno diffuso solo in alcune regioni italiane, come superficialmente si crede, anche nei territori più difficili è cresciuta e ha dato risposte concrete”. Quanto al fenomeno delle cosiddette “false cooperative”, Venturelli è stato chiaro: “Lotta senza quartiere a simili realtà”. Senza tuttavia dimenticare che si tratta di episodi isolati e marginali rispetto alla consistenza del movimento cooperativo.

“Cooperazione, non è più un fenomeno di nicchia”. Al di là delle considerazioni sui singoli risultati emersi dal rapporto, Stefano Menghinello, direttore centrale delle statistiche economiche di Istat ha evidenziato l’apporto inedito dello studio, il primo dedicato al sistema cooperativo. “L’economia sociale fa sempre più parte di una strategia di sviluppo del Paese – ha concluso – Non è più un fenomeno di nicchia”.

 

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