Partecipazione della comunità e impresa sociale

14 Luglio 2015

Luglio 8-10, 2015 – Sydney, Nova Scotia Canada

Si è appena conclusa a Sydney, Canada la terza edizione della conferenza su Community innovation e impresa sociale, promossa dal Community Economic Development Institute dell’Università di Cape Breton, Nova Scotia. Organizzata con cadenza biennale, la conferenza si pone come momento di incontro tra studiosi e practitioner, con l’obiettivo di confrontarsi sui temi più attuali nel dibattito sulla creazione di iniziative collettive volte a rispondere a problemi sociali e a promuovere lo sviluppo locale soprattutto attraverso la generazione di imprese sociali.

SAMSUNG CSCPerché in Nova Scotia?

Se la Nuova Scozia nel suo complesso può apparire una regione economicamente florida grazie prevalentemente al turismo, alla pesca e alle attività nel settore energetico, Cape Breton e la parte più a Nord della regione sono caratterizzate da un’economia fragile e da evidenti problemi di spopolamento soprattutto negli ultimi anni. Infatti, l’economia locale è stata caratterizzata fino agli anni ’70 dall’estrazione di carbone e ferro, ma alla chiusura delle miniere la disoccupazione è diventata un problema concreto e la pesca (prevalentemente di aragoste e granchi) è divenuta l’attività principale. Di fronte ai cambiamenti, la popolazione più giovane ha cominciato a migrare verso le città maggiori o altri paesi, investendo nello studio e nella specializzazione, allontanandosi quindi dalla propria terra di origine.

Queste circostanze economiche e sociali hanno influenzato molto e stanno influenzando tutt’oggi lo sviluppo di imprese cooperative e sociali, il loro trend e l’attenzione di politici e cittadini alla promozione dello sviluppo locale anche attraverso la cooperazione. Se molte cooperative della zona hanno un’esperienza ormai decennale (ed in alcuni casi centenaria), in alcune aree la crisi ha colpito fortemente anche le cooperative: negli ultimi vent’anni alcune cooperative sono fallite, altre cercano di sopravvivere ma con estrema difficoltà. Tra i problemi maggiori riscontrati si rilevano la scarsa capacità di attrarre i giovani, sia quali membri che quali lavoratori delle cooperative, l’assenza, spesso, di reti strutturate tra cooperative che permettano di raggiungere economie di scala e di analizzare meglio i bisogni territoriali, nonché il finanziamento e la sostenibilità di lungo periodo. Qui si aprono quindi le nuove sfide per le cooperative della Nova Scotia: rispondere ai nuovi problemi delle aree rurali, rinvigorire i propri principi e riuscire a trasmetterli alla popolazione, farsi insieme imprese di comunità rispondendo a tutto tondo ai bisogni della comunità, trovare una sostenibilità economica maggiore. Guardando alle buone pratiche locali, ne è un esempio la cooperativa di pescatori Victoria co-op, con i suoi 58 anni di attività, i 21milioni di C$ di vendite raggiunti e le grandi attività di esportazione delle aragoste negli Stati Uniti e in Cina, ma anche studiando i casi internazionali.

Quali gli spunti di riflessione emersi?

La conferenza si è sviluppata prevalentemente attorno ai temi del Community-based development, dell’innovazione attraverso l’impresa sociale, dell’impatto sociale generato dalle cooperative nel proprio territorio, della sostenibilità dei modelli. Nelle due giornate di conferenza si sono alternati gli interventi di tre invited speakers e di 36 relatori organizzati in tre sessioni parallele.20150710_092401[1]

Ad aprire la conferenza, l’intervento di Micheal Lewis, fondatore e oggi direttore del Canadian Centre for Community Renewal ed autore del libro “The resilience imperative”. Nelle sue parole il riconoscimento del fatto che l’economia e la società devono oggi puntare non più alla crescita bensì alla resilienza, ma che questa può essere sostenuta soltanto da iniziative collettive consapevoli e responsabili che tocchino molteplici settori ed aree: dall’energia al consumo di prodotti locali, dalla realizzazione di circuiti di finanziamento a basso costo ad una riforma monetaria, dalla costruzione di abitazioni e complessi abitativi nel rispetto del risparmio energetico alla riforma dell’uso delle terre.

Sono tre quindi le parole chiave per sostenere quello che viene definito il SEE-Social, ecological and economic change: resistenza, innovazione, e proprietà democratica da parte dei cittadini. Ricordando che in quest’ultimo caso non si può considerare, secondo l’autore, il crowfunding o la partecipazione puramente economica dei cittadini come una forma di responsabilità e partecipazione democratica, bensì bisogna investire in modelli che richiedano il coinvolgimento attivo dei cittadini nei processi di creazione e gestione dei beni comuni, affinchè si sviluppi empowerment.

Sul tema della partecipazione attiva dei cittadini si è focalizzato anche l’intervento di Danny Graham, chief engagement officer dell’organizzazione nonprofit Engage Nova Scotia e promotore di molte politiche a livello territoriale per il sostegno alle imprese sociali e di comunità. Il relatore ha declinato l’engagement e quindi l’impegno comunitario in tre elementi fondamentali: la volontà, l’informazione e la capacità. Con dati empirici ottenuti da una rilevazione tra la popolazione della Nova Scotia, il relatore ha mostrato come una percentuale significativa della popolazione, posta di fronte ai problemi attuali del proprio territorio, sia disposta a ‘cambiare il proprio comportamento se questo può aiutare il proprio paese’. Ma come? Innanzitutto, si identifica che sono solo le azioni concrete a determinare engagement e a portare a risultati positivi: sono i cosiddetti insiders le persone che veramente possono determinare il cambiamento, distinguendosi, nelle parole del relatore, dai semplicemente curiosi e dai passivi. E in secondo luogo, come la netta maggioranza della popolazione sostiene, data la decrescente fiducia nei governi, una istituzione su tutte può permettere di raggiungere il cambiamento nel proprio paese: l’associazione di cittadini, sia essa intesa nelle diverse forme giuridiche in cui i cittadini si possono organizzare per gestire e produrre insieme beni di interesse collettivo.

Molti altri gli stimoli giunti da questa conferenza tanto dagli studiosi quanto dai practitioner: dal lunch speach di Colin Mason –docente alla Business school di Glasgow– critico del modello inglese dei Government Regional Venture Capital Fund; la frizzante presentazione del modello di misurazione dell’impatto sociale e della qualità dei servizi prodotti da parte di David Upton, dell’organizzazione Common good solutions; alla teorizzazione di un modello di governance comunitaria per le comunità rurali proposto da Darlene Doucet del consiglio delle cooperative di Cheticamp, Nova Scotia.

Il coinvolgimento dei ricercatori di Euricse nella conferenzaSAMSUNG CSC

Una delle sessioni parallele della conferenza, intitolata Social Enterprise Ecosystem, ha visto la mia partecipazione, accanto a quella di Gerard Perron dal Quebec e delle rappresentanti dell’importante cooperativa di produzione di prodotti agricoli biologici e di consumo Hansalim per la Corea.

La sessione è stata orientata a comprendere i tratti caratteristici di alcuni sistemi ed ecosistemi di successo nel panorama internazionale, e l’intervento di Euricse ha voluto descrivere in generale il caso italiano e le motivazioni della sua resilienza, portando poi alcuni esempi specifici e riflessioni sulle caratteristiche della cooperazione trentina, molto apprezzata all’estero in particolare per lo sviluppo locale garantito alle sue origini e per la sostenibilità raggiunta negli anni.

Ampio il dibattito in sala sul ruolo che le cooperative possono svolgere oggi in termini di sviluppo economico e sociale e con riferimento in particolare alla funzione sociale svolta. Stimoli giunti soprattutto dall’intervento delle rappresentanti di Hansalim, cooperativa che nel corso dei suoi 30 anni di attività ha saputo ampliare in modo incredibile la sua base sociale, trovare adesione valoriale nella popolazione, rendersi solida economicamente e bilanciare quindi tratti di natura prettamente imprenditoriali con una solida mission sociale e una comunità partecipe.

Obiettivi sociali chiari, azioni concrete da intraprendere. Questi sembrano in sintesi i risultati cui ogni intervento ci ha condotto.

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