Beni comuni, ovvero la maieutica della responsabilità

3 Settembre 2018
Si dice beni comuni, ma si legge responsabilità, impegno civico, capacità di prendersi cura di ciò che appartiene a tutti. “In senso etico, prima che giuridico”, spiega Gianluca Salvatori. Il segretario generare di Euricse ci aiuta così a capire, da vicino e con una prospettiva più ampia, il senso pieno di una gestione condivisa di spazi – fisici ma al tempo stesso simbolici – capaci di generare inclusione sociale e occupazione. Capaci – ancora – di innestare processi d’innovazione, persino imprenditoriale. In una sola parola: generano opportunità. Ecco allora una piccola definizione di beni comuni, per avvicinarci a Sibec Lab (qui il programma) e fornire agli interessati tutti gli strumenti per capire di cosa stiamo parlando.

Di beni comuni si parla sempre più spesso. Ma non tutti ne conoscono il significato. Due le domande che ricorrono con maggiore frequenza. La prima: cosa intendiamo quando si parla di beni comuni? La seconda: quali luoghi, quali spazi e quali edifici possono trovare nuova vita attraverso un processo di rigenerazione?

Le risposte di Gianluca Salvatori si rivelano così una legenda utile. “Beni comuni è un’espressione da intendere in un senso pieno e radicale – premette – Non riguarda una specifica classe di manufatti o di luoghi. E neppure, soltanto, una modalità di riqualificazione di aree urbane o periferiche. Piuttosto, ha a che vedere con la consapevolezza dell’importanza dell’impegno civico. Dice del ruolo centrale che anche i singoli cittadini possono (e devono) assumere per la cura di ciò che appartiene a tutti, in senso etico prima che giuridico. Che si tratti di un edificio abbandonato da riutilizzare a scopo sociale, uno spazio verde al quale garantire accesso, una struttura da restituire a un uso pubblico: non conta il “cosa” ma conta il “come”. Perché si tratta di superare l’atteggiamento schizofrenico di quanti tracciano un confine invalicabile tra quel che è sotto la propria responsabilità, in quanto appartiene alla sfera domestica e familiare, e quel che invece ricade sotto la responsabilità di un indefinito “altro” (lo Stato, il settore pubblico, la società…)”.

Con simili presupposti, “parlare di beni comuni – aggiunge Salvatori – è un modo per ricordare che dalla qualità dell’ambiente che ci circonda dipende anche il nostro benessere individuale. Quindi è un invito ad agire, a dedicare tempo ed energie per farsi carico insieme ad altri di gesti che servono a ricordare che non saremmo le persone che siamo se non ci fosse una comunità in cui siamo inseriti. E le comunità, da sempre, si esprimono e si consolidano anche attraverso spazi e luoghi comuni. Simboli piccoli o grandi di condivisione. Beni comuni, appunto, concepiti per affermare la propria appartenenza a un insieme più ampio, verso il quale esprimere il proprio debito di persone che si identificano come membri di una realtà sociale e non soltanto come individui isolati”.

Sibec LAB, cos’è

Quattro giorni di lezioni, sei tutor esperti, venti posti disponibili, altrettante idee che saranno analizzate, approfondite, presentate davanti a una giuria. E un metodo didattico basato sullo sviluppo delle competenze e sullo studio concreto dei lavori presentati dai corsisti. Sono questi i numeri di SIBEC LAB, il nuovo corso intensivo – una vera e propria full immersion – ideato da Euricse e Labsus-Laboratorio per la sussidiarietà in collaborazione con Dynamo Academy e il supporto di Banca Etica. Il Campus è in agenda dal 17 al 20 ottobre 2018, all’Oasi Dynamo (San Marcello Piteglio, in provincia di Pistoia) e formerà amministratori, imprenditori, professionisti, cittadini attivi o associazioni interessate a sviluppare (e gestire) beni comuni che, se rigenerati, possono trovare nuova vita e tornare al servizio della collettività. Le iscrizioni sono aperte e si chiuderanno il 5 ottobre.

 

Per informazioni e dettagli sul programma: [email protected] oppure 0461 282289
x