Beni comuni, così nascono nuovi imprenditori

19 Luglio 2018

Ciò che si vede subito, persino a occhio nudo, è la rinascita di uno spazio, la sua trasformazione esplicita. Eppure la maieutica della rigenerazione sottende molto altro. La mobilitazione di energie civiche che innescano nuove gestioni dei beni oggi a rischio disuso è sia formula per condividere responsabilità sia occasione imprenditoriale, professionale, palestra d’innovazione. “Nella gestione di beni comuni, il nesso tra spazi fisici di aggregazione sociale e occupazioni non dematerializzabili resta forte, e produce nuovi lavori che richiedono creatività e conoscenza”, sottolinea Gianluca Salvatori, segretario generale di Euricse. Ed è con simili premesse che Sibec Lab, il seminario intensivo promosso da Euricse e Labus-Laboratorio per la sussidiarietà, offrirà gli strumenti e le conoscenze necessarie per sviluppare nuove formule imprenditoriali. L’invito è rivolto a tutti: amministratori, professionisti, cittadini attivi. Ma il corso – in agenda dal 19 al 22 settembre 2018 all’Oasi Dynamo (San Marcello Piteglio, in provincia di Pistoia) – ha un ulteriore valore simbolico. Segna infatti una nuova collaborazione con Dynamo Academy. “Energie che si sommano”, spiega Salvatori che individua la congiunzione tra Euricse, Labus e Dynamo Academy: “Siamo espressioni diverse e complementari del Terzo settore”.

Salvatori, gestire un bene significa acquisire competenze imprenditoriali: quali sono, in particolare, le abilità necessarie?

“La gestione di un bene comune è una responsabilità assunta nei confronti di altre persone e quindi deve essere sostenibile nel tempo. Non può essere un’iniziativa estemporanea che non si preoccupa delle condizioni della propria durata. Quindi richiede competenze di tipo imprenditoriale, capacità di creare valore, abilità nel coniugare finalità sociali e solidità economica. Se la gestione di un bene comune da parte di un gruppo di cittadini si risolvesse nella richiesta di risorse pubbliche per il suo sostentamento, verrebbe tradito lo spirito della mobilitazione di energie civiche che sta alla base dell’idea stessa dei beni comuni. Perciò ogni progetto di rigenerazione deve affrontare la dimensione della sostenibilità economica in chiave imprenditoriale. Progettando creativamente usi promiscui, facendo intervenire forme di impresa sociale, associando alla gestione soggetti del non profit produttivo. Il repertorio di competenze necessarie è lo stesso richiesto dalla gestione di un progetto di impresa, con in più la visione di un’intenzionalità sociale che definisce la direzione e detta le priorità. L’attività economica diventa così strumentale al perseguimento dei fini sociali”.

Quando è di rigenerazione che si sta parlando, a essere riconosciuti sono gli impatti immediatamente tangibili: la restituzione di un bene alla collettività. Tuttavia dalla rigenerazione si crea anche lavoro, nuova occupazione. In quale misura e in quale modo?

“Credo che sia ormai un fatto evidente a tutti che il settore sociale produce un grande impatto occupazionale. Non si tratta solo di una previsione o di un potenziale che attende di esprimersi. Dalla grande recessione del 2008 in avanti il maggior numero di nuovi posti di lavoro è stato creato negli ambiti della cura della persona, dei servizi sociali, delle professioni di un terziario avanzato al cui centro sta la dimensione relazionale. Mentre le imprese tradizionali espellevano lavoratori, le imprese sociali assumevano. I numeri stanno a dimostrarlo. Quindi anche la gestione di beni comuni in forma imprenditoriale, attraverso forme di imprenditorialità sociale, si colloca in questa tendenza. I progetti di riuso e rigenerazione riguardano il più delle volte delle funzioni di interesse pubblico in cui è centrale la componente relazionale. Nulla che possa essere facilmente automatizzato o sostituito da piattaforme digitali, dunque. Nella gestione di beni comuni il nesso tra spazi fisici di aggregazione sociale e occupazioni non dematerializzabili resta forte, e produce nuovi lavori che richiedono creatività e conoscenza”.salvatori_01-266x400

Per quale ragione la gestione di un bene comune può diventare paradigma d’innovazione sociale?

“Quando la moda di trasformare tutto in innovazione sociale sarà passata (e non credo che manchi molto) potremo tirare una riga e distinguere retrospettivamente gli esercizi di retorica dalle pratiche effettivamente trasformative. Non basta dirsi innovatori per esserlo davvero. Il banco di prova dell’innovazione è la capacità di generare usi e pratiche diffuse. E nel caso dell’innovazione sociale si aggiungono due ulteriori fattori: l’oggetto dell’innovazione deve incidere su temi di natura sociale, rispondendo a bisogni reali, e il modo in cui l’innovazione è prodotta non deve limitarsi ad applicare ai soggetti sociali le soluzioni identificate, ma deve coinvolgerli nella loro ideazione e generazione. A rigore – per chi ha un approccio più esigente – un ulteriore elemento che dovrebbe contraddistinguere l’innovazione sociale sarebbe anche la motivazione dell’innovatore, da ricercare in scopi diversi dal profitto. Se si concorda con questa griglia di criteri, allora il tema dei beni comuni si inscrive del tutto all’interno di un processo di innovazione sociale: per l’oggetto che persegue, per la motivazione dei soggetti, e per il modo con cui innovatori e beneficiari dell’innovazione interagiscono. In sintesi: un buon progetto che riguardi l’utilizzo di un bene comune non può non essere anche un caso esemplare di innovazione sociale”.

SIBEC Lab ora coinvolge anche Dynamo Academy: quali sono le congiunzioni fra tutti i partner di questo progetto?

“L’incontro tra Euricse, Labsus e Dynamo Academy era nell’aria da qualche tempo. Siamo espressioni diverse e complementari del Terzo settore. Non ci accontentiamo di risposte scontate. Ci sforziamo di sperimentare percorsi nuovi. Il tema dei beni comuni è uno dei modi con cui declinare la responsabilità della cura: per le persone, per i luoghi, per le relazioni. Ciascuno dei tre soggetti di questa collaborazione si occupa in fondo proprio di questo: creare nuove forme di condivisione e di assunzione di responsabilità. Da punti di partenza differenti, ci siamo trovati a condividere l’idea che l’attenzione ai temi sociali è un impegno che richiede conoscenze e competenze specifiche, evitando ogni improvvisazione. Attraverso SIBEC Lab è quello che ciascuna delle tre organizzazioni si sforza di fare, e dalla somma delle energie ci auguriamo di ottenere un maggiore impatto”.


Le iscrizioni a SIBEC LAB sono aperte e si chiuderanno il 7 settembre. Per aderire è sufficiente compilare il modulo disponibile online. I partecipanti al Campus saranno selezionati tra coloro che possiedono una conoscenza di base sufficiente del tema “gestione condivisa dei Beni Comuni”.

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