I numeri del Terzo settore in Italia. Ecco a chi si rivolge la riforma

7 Giugno 2016

La scorsa settimana la Camera dei Deputati ha dato il via libera definitivo alla nuova normativa del Terzo Settore che, con i decreti legislativi che seguiranno nei prossimi mesi, riformerà il mondo del non profit, delle imprese sociali e del volontariato. Ma quante e quali sono le organizzazioni che saranno toccate direttamente da questa riforma?

Per dare una risposta a questa domanda, vi proponiamo alcuni dati estratti dall’analisi sui dati del 9° Censimento dell’industria e dei servizi condotta da Euricse in collaborazione con l’Istituto Nazionale di Statistica (Istat).

I risultati completi dell’analisi saranno prossimamente disponibili negli articoli “L’impresa sociale nei dati censuari” di Carlo Borzaga, Manlio Calzaroni e Massimo Lori e “Uno sguardo oltre i confini del censimento: dimensioni e caratteristiche dell’economia sociale” di Carlo Borzaga, Chiara Carini, Maurizio Carpita e Massimo Loriall’interno del volume LE ISTITUZIONI NONPROFIT IN ITALIA: DIECI ANNI DOPO curato da Gian Paolo Barbetta, Giulio Ecchia e Nereo Zamaro (editore Il Mulino).

dati2

Quante organizzazioni sono toccate dalla Riforma?

301mila istituzioni non profit, inclusive di associazioni − 201.004 non riconosciute e 68.349 riconosciute, cooperative sociali (11.264) fondazioni (6.220) e altre forme minoritarie (comitati, ecc..).

Questi i dati del 9° Censimento dell’industria e dei servizi che evidenziano come la riforma del terzo settore toccherà una quota non marginale (il 6,4%) dell’insieme delle organizzazioni private e pubbliche operanti in Italia.

Si tratta di organizzazioni che svolgono un ruolo fondamentale all’interno delle comunità, attività artistiche, sportive, di intrattenimento e di divertimento − settori questi caratterizzati da elevata diffusione di associazioni − ma anche, soprattutto per quanto riguarda le fondazioni e le cooperative sociali, servizi sanitari, assistenziali ed educativi.

 

Quante persone occupano?

957 mila lavoratori, un dato non trascurabile se si considera che essi rappresentano il 3,7% dell’occupazione totale nel 2011 e il 5,9% degli occupati in imprese private nel medesimo anno, con l’esclusione degli imprenditori individuali, dei liberi professionisti e dei lavoratori autonomi. Le cooperative sociali confermano il loro peso occupazionale. I dati censuari evidenziano infatti che circa 6 lavoratori su 10 erano occupati nelle cooperative sociali (365 mila lavoratori) o nel settore associativo che, tra associazioni riconosciute e non, occupava poco più di 341mila individui. Lavoratori che operano soprattutto nei settori dell’assistenza sociale, delle attività artistiche, sportive, di intrattenimento e divertimento e dell’istruzione. Settori questi in cui si registra il maggior peso sul totale degli occupati in imprese private dello stesso settore.

Infine, parlando di lavoro e riforma, non possiamo non citare i 4.827.423 lavoratori volontari che nel 2011 hanno contribuito gratuitamente alle attività delle istituzioni non profit e delle cooperative sociali.

 

Quanto valore economico creano?

Nel 2011, le istituzioni non profit hanno registrato entrate economiche pari a 63,9 miliardi di euro. Di queste, circa la metà (49,5%) registrate dal settore associativo, il 26,4% da associazioni non riconosciute e il 23,1% da associazioni riconosciute. Seguono le fondazioni e le cooperative sociali (entrambe con il 17,4%) e gli enti ecclesiastici con il 9% delle entrate complessive.

Contrariamente a quanto comunemente ritenuto, le istituzioni non profit non sopravvivono grazie a sole elargizioni e donazioni ma sono aperte al mercato: solo il 9,1% delle istituzioni censite non ha registrato, nel 2011, proventi da contratti/convenzioni con istituzioni pubbliche o derivanti dalla vendita di beni e servizi a privati e le attività market rappresentano ben il 47,8% delle entrate complessive.

 

E le imprese sociali quanto pesano sul Terzo Settore?

Per rispondere a questo quesito abbiamo posto sui dati censuari due ulteriori condizioni per cercare di esplorare la natura imprenditoriale dell’organizzazione:

  • che i proventi da attività market rappresentino almeno il 50% dell’ammontare complessivo delle entrate di bilancio delle organizzazioni;
  • che sia presente almeno un dipendente tra le risorse umane in organico.

Utilizzando questo approccio, le istituzioni non profit definibili come imprese sociali sono, alla data di riferimento del Censimento, ben 20.431: il 77,8% delle cooperative sociali, il 19,7% di fondazioni ed enti ecclesiastici e il 2,9% delle associazioni.

Fondamentale il loro peso tra le istituzioni non profit: sebbene le imprese sociali rappresentino meno del 7% delle istituzioni non profit censite, esse raccolgono circa il 45% del volume complessivo delle entrate economiche, il 73,3% dei dipendenti e il 40,8% dei collaboratori attivi.

Si tratta di organizzazioni fortemente orientate al mercato con ricavi dalla vendita di beni e servizi (a enti pubblici o priva) rappresentano il 91,3% delle entrate complessive, ma con ancora un forte legame con le istituzioni pubbliche che restano gli interlocutori primari di queste organizzazioni: le entrate da contratti e/o convenzioni con istituzioni pubbliche superano infatti di gran lunga i ricavi derivanti dalla vendita di beni e servizi a privati,  rispettivamente 17 miliardi di euro contro i 9 miliardi di euro entrate dalla vendita di beni e servizi a soggetti privati.

x