Finanziare welfare e terzo settore

1 Febbraio 2016

[Tratto dall’articolo Laboratorio Share 2016 pubblicato su www.secondowelfare.it]

Secondo Borzaga, se nel periodo pre-crisi economica la questione era soprattutto legata all’incapacità di aumentare l’offerta di servizi in modo da tenere il passo con la crescita dei bisogni, negli anni successivi alla crisi e a causa dei conseguenti tagli alla spesa pubblica, il problema principale è diventato la ricerca di fonti di finanziamento non pubbliche in grado di mantenere i servizi offerti e la protezione sociale per i cittadini.

Come salvaguardare alti standard di welfare in modo sostenibile, trasformando il “libro dei sogni” in politiche concrete e realizzabili? Quali sono i modelli e le idee innovative che possono offrire soluzioni? Qual è il contributo del Terzo Settore a questo processo? Sono queste le domande che aprono il percorso del laboratorio Share2016, presentato l’11 gennaio a Torino, presso l’Educatorio della Provvidenza.

Share2016 nasce come laboratorio aperto di idee e buone pratiche per Torino, promosso da amministratori pubblici e persone appassionate di politica. Il primo incontro del percorso è stato dedicato al tema del finanziamento di un sistema di welfare che non può più essere considerato di sola competenza pubblica ma deve essere ripensato e ristrutturato con il contributo dei privati e del terzo settore. Finanziare il welfare deve essere considerato come una vera e propria forma di investimento, un motore di sviluppo che incide sulla coesione sociale e sul benessere della popolazione.
Tra gli interventi di apertura quello del Prof. Carlo Borzaga – professore ordinario di Politica Economica presso l’Università di Trento e Presidente di Euricse (European Research Institute on Cooperative and Social Enterprises)- che ha avuto come oggetto il problema del finanziamento di welfare e terzo settore.
Secondo Borzaga, se nel periodo pre-crisi economica la questione era soprattutto legata all’incapacità di aumentare l’offerta di servizi in modo da tenere il passo con la crescita dei bisogni, negli anni successivi alla crisi e a causa dei conseguenti tagli alla spesa pubblica, il problema principale è diventato la ricerca di fonti di finanziamento non pubbliche in grado di mantenere i servizi offerti e la protezione sociale per i cittadini.
Per far fronte a questa situazione, si sono sperimentati quattro tipi di interventi:

  • innovazione delle politiche – da passive ad attive – in modo da ridurre le situazioni di bisogno e quindi la spesa sociale;
  • tagli selettivi e orientamento della spesa su interventi di maggior rilevanza sociale;
  • aumento dell’efficienza nella gestione dei servizi, con innovazioni organizzative, managerialismo, esternalizzazione dei servizi ai privati;
  • ampliamento delle risorse di fonte non pubblica per i servizi di welfare.

L’ultima tra quelle indicate è sicuramente la risposta più innovativa, ma prima di metterla in campo, secondo Borzaga, è necessario definire con chiarezza quali tipi di risorse private sono necessarie e quali sono le reali potenzialità di ogni strumento finanziario. E’ altresì indispensabile un forte coordinamento tra le diverse fonti da cui le nuove risorse possono provenire, in modo da evitare sovrapposizioni se non addirittura esisti contradditori (oggi presenti nel modo in cui sono organizzati alcuni fondi sanitari integrativi). Altro suggerimento di Borzaga è di porre un’attenzione maggiore all’utilizzo di strumenti quali gli sgravi fiscali all’acquisto di servizi sociali o gli sgravi contributivi a favore di alcune tipologie di lavoratori impegnati in attività ritenute socialmente rilevanti come le assistenti domiciliari. E in ultimo Borzaga invita gli amministratori pubblici a rivedere l’uso delle gare d’appalto per l’affidamento dei servizi di welfare, che rischiano di essere gestiti al ribasso, a discapito della qualità del servizio alla persona.

 

 

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