“Da Social street a Social state: non accontentiamoci più”

14 Settembre 2018

Salvatori al WIS: “Il Terzo settore torni a essere motore di cambiamento sociale e politico”

Quella di Gianluca Salvatori, alla fine, è un’esortazione accorata. Un appello rivolto al Terzo Settore nel suo insieme, affinché superi i confini minuti della piccola scala e ambisca piuttosto a elevare la propria azione di elaborazione, progettazione e innovazione al centro del dibattito, verso un cambiamento collettivo, sociale e politico insieme. Scrollandosi di dosso la rassegnazione, l’assuefazione alla posizione laterale. “E accettando, così, di occuparci non più e non solo di Social street, ma di Social state”, sintetizza il segretario generale di Euricse. Un moto di responsabilità che, nelle parole di Salvatori, si emancipa dalla tendenza, emersa negli ultimi decenni, “che rischia altrimenti di mettere in sordina le capacità di un movimento”.

E’ da qui, ovvero dall’urgenza di partecipare alla costruzione di un processo d’innovazione sociale, che, a Riva del Garda, s’è avviata la sessione conclusiva del Workshop sull’Impresa Sociale (WIS). L’incontro, inaugurato dalla riflessione di Gianluca Salvatori e dedicato al processo di Capacity building, non ha risparmiato la disamina delle problematicità di oggi. “Per un centro di ricerca come Euricse è necessario partire da qui: dall’identificazione della questione, del tema e del percorso da seguire” ha esordito Salvatori, che ha ricordato il contesto in cui s’è affermata la cooperazione sociale in Italia. “Culture e visioni etiche, ispirazioni religiose, valori e idee robuste, negli anni Ottanta hanno incontrato un muro roccioso che impediva loro di tradursi in azione politica – ha spiegato – Una generazione di persone formate, specializzate e motivate, si sono così trovate dinnanzi all’impraticabilità del terreno su cui le loro idee potevano innestarsi prima e manifestarsi in azione poi”.

Uno steccato poi superato: “La nascita della cooperazione sociale ha avuto anche questa capacità: rispondere all’impraticabilità della traduzione delle idee in azione politica – ha detto il segretario di Euricse – Passione ed energia delle idee sono state così profuse e diffuse via via”. Tuttavia, ha continuato Salvatori, “la sospensione della percorribilità politica oggi non è più transitoria, si è cronicizzata”. Ancora: “La cooperazione, intesa come temporaneo bypass per costruire gli argomenti all’origine dello sviluppo di impegno politico e civile, è diventata condizione permanente”.

Qual è, ad oggi, l’esito di tale processo? “La dimensione dell’innovazione sociale sembra non ambire più a essere motore di cambiamento politico e sociale – ha detto Salvatori – si accontenta di Social street e non di governare il Paese. E’ laboratorio di sperimentazioni, certo, ma poi accetta che queste sperimentazioni siano estese e immesse nel mercato da soggetti che hanno scopo il lucro”. Una tendenza ad auto-arginarsi in piccola scala, si potrebbe dire. “E questa assuefazione – ha rimarcato ancora Salvatori – la dice lunga sul percorso degli ultimi 30 anni di un movimento che ha via via ha messo in sordina la propria capacità di fare sintesi, scegliendo piuttosto il presidio dell’immediato”. Micro-cambiamenti, dunque, anziché “pensare in grande e diventare luogo in cui si promuovono spunti per il governo del Paese”.

Misurarsi con l’ampiezza di una responsabilità, ben più ampia e ben più profonda della piccola scala, significa allora rimettersi al centro del dibattito pubblico. “Essere parte del Terzo Settore non si consuma collocandoci tra Stato e mercato – ha spiegato Salvatori – Dobbiamo collocarci anche tra una visione della società individualista, frammentata, incapace di elaborare visione, e tra il governo dei pochi: abbiamo una responsabilità intellettuale ma non ne siamo interamente consapevoli”. Cosa fare, allora? “Accettare di occuparci non solo di Social street, ma anche e soprattutto di Social state”.

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